Io credo che il filmare, il guardare sia una cosa molto difficile non perché necessita di chissà quali capacità da parte di chi guarda, ma perché secondo me può essere una cosa molto pericolosa. Anni fa, ho fatto un corto che si intitola E finisce così, ed è la storia di tre ragazzini di periferia che hanno 10-12 anni, il racconto di una loro giornata, delle loro conversazioni. Stanno vivendo quella fase di passaggio, quel limbo in cui non sono più bambini ma non sono ancora adolescenti. Una fase in cui, nel giro di pochi mesi, si cambia anche fisicamente. Una cesura. L’ultima inquadratura di questo corto è un’immagine sovra-esposta di questi ragazzini che ridono guardando in macchina. Sono felici. Credo che sia una delle inquadrature più struggenti che abbia mai filmato, perché ho l’impressione che stiano salutando qualcosa che non tornerà più. Un passaggio che io in quel momento stavo filmando, dunque sanzionando. Ogni volta che la vedo mi mette una malinconia! Mi fa sempre pensare che loro stessero salutando il proprio plotone d’esecuzione.
E’ difficile raccontare le cose che si fanno, ma mi piacciono gli estremi. Le età estreme. Diceva Leslie Fiedler che “il problema dell’infanzia è che solo da adulti riusciamo a capire ciò che solo da bambini riusciamo a sentire”. E’ una bella definizione. Per me l’infanzia, la giovinezza è una fase della vita in cui ti senti, senza neanche rendertene conto, trasportato da un vento, da un soffio che non sai da dove arrivi. Tutto ciò che vivi dopo, sembra esistere solo per riempire un vuoto, ed è per questo che, almeno fino ad ora, non ho mai raccontato una storia di miei coetanei... Al contrario, mi piace la vecchiaia perché è un momento implosivo, speculare a quello esplosivo della giovinezza. In tutte le cose che ho fatto c’è un momento di confronto con i due estremi di questa forbice. In fondo i vecchi de I nostri anni sono anche molto ragazzi e spesso i ragazzini, di E finisce così, di L’orecchio ferito..., degli altri corti, hanno qualcosa di precocemente malinconico, come se avvertissero l’approssimarsi di un boato e non sanno che cos’è.
Ho fatto corti per dieci anni e mi piacerebbe farne ancora, perché non credo che il corto sia solo una specie di gavetta di cui sbarazzarsi quando si comincia a fare i lunghi. La cosa più buffa è che ti considerano un esordiente quando fai un film di 90 minuti, non importa se hai fatto, che so, decine di corti da 50! La colpa di questa percezione distorta della dimensione corta non è solo di chi guarda ma purtroppo spesso è anche di chi realizza, come se il corto fosse una sorta di esame da superare per accedere chissà dove. Personalmente non credo di aver mai girato un corto, che durasse 5’ o 30’, senza sentirne la necessità, l’urgenza, considerando la durata e la forma del racconto assolutamente inestricabile rispetto al cosa voler raccontare. Il corto è un momento di libertà dove ci si può permettere di sperimentare, se si ha voglia di farlo, di indagare percorsi poco battuti, di trovare una propria dimensione. Per questo preferisco quei corti che si dibattono nel dubbio, che ricercano e si cercano. E poi se non ci si sfoga nei corti, dove e quando lo si può fare?
In me la voglia di filmare è nata in modo improvviso. Un giorno ho raccontato a un amico una storia che mi piaceva. Ci siamo procurati una telecamera e abbiamo iniziato a girare. La mia prima ripresa in assoluto sono venti minuti dei miei piedi e delle foglie secche del bosco dove ci trovavamo! Non sapevo nulla di una telecamera e quindi ho iniziato a girare pensando di schiacciare il pulsante della registrazione, che in realtà è partita solo quando credevo di avere stoppato. Eppure sono venti minuti di ripresa importanti per me, che rammento sempre molto volentieri. Un errore, quasi un equivoco, un giusto inizio per fare film.

Daniele Gaglianone

I film

La ferita
realizzazione: Daniele Gaglianone. interpreti: Stefania Uva, Giacomo Car, Maria Fammilume, Giuseppe Sanna, Giorgio Poltronieri, Angelo Gaglianone, Chiara Vendramin, Ernaldo Data, Eugenia Gaglianone, Monica Dainese, Roberto Zecchinato, Anna Bono, Luca Mondin, Domenico Carosso. produzione: Cooperativa 28 dicembre, Hurbinek. origine: Italia, 1991. formato: video; col., b/n. durata: 29 min.
Festival Internazionale Cinema Giovani 1991, concorso Spazio Italia: 2° premio
Delirio visuale e reale di una ragazza, cui non resta altra soluzione dopo che il velo, con cui filtriamo i dettagli “insignificanti” e crudeli in cui viviamo, si è squarciato.

Era meglio morire da piccoli
realizzazione: Daniele Gaglianone. interpreti: Alessandro Giunto, Alessandro Granaro, Giuseppe Sanna, Emanuele Romeo, Bruno Carta, Marcello Falsone, Giorgio Poltronieri, Ernaldo Data. produzione: Cooperativa 28 dicembre, Hurbinek. origine: Italia, 1992. formato: video; col. e b/n. durata: 15 min.
Festival Internazionale Cinema Giovani 1992, concorso Spazio Italia: 1° premio
“Non chiedermi nulla: ho visto le cose cercare il proprio corso e trovare il vuoto.” (F. G. Lorca) Un’elegia dedicata agli amici perduti e a quelli ritrovati. Una riflessione visiva sul senso di perdita dei luoghi fisici e mentali dell’infanzia.

L’orecchio ferito del piccolo comandante
realizzazione: Daniele Gaglianone. interpreti: Giuseppe Sanna, Stefania Uva, Marcello Falsone, Bruno Carta, Marcello Cucinelli, Alessandro Giunto, Riccardo Marino, Roberto Procchio, Vito Rotunno, Aldo Zoppi, Claudio Zanotto Contino. produzione: Cooperativa 28 dicembre, Hurbinek. origine: Italia, 1993. formato: 16mm; b/n. durata: 9 min.
Festival Internazionale del Film di Locarno, 1995. Sezione Pardi di domani: menzione speciale.
Festival del Cinema Mediterraneo di Bastia 1995: 1° premio
Autunno 1943. Un bambino accompagna la madre da un gruppo di partigiani; per gioco, è da questi nominato comandante. Il bambino si allontana per un attimo; il suo ritorno sarà tragico.

Il sale della terra
realizzazione: Daniele Gaglianone (soggetto ispirato alle poesie di Frank Bidart “The sacrifice” e “Herbert White”). montaggio: Ernaldo Data. interpreti: Claudio Zanotto Contino, Paola Risoli, Emanuele Romeo, Angelo Gaglianone, Maria Fammilume. produzione: Cooperativa 28 dicembre, Hurbinek. origine: Italia, 1994. formato: 16mm; col. durata: 15 min.
E non potei, e non potei/far si che mi paresse/fosse stato qualcun altro./Ci provai e riprovai, ma lì c’ero solo io,/e lei, e gli alberi affilati/che dicevano “sei tu lì in piedi./Tu sei…solo, proprio tu.”/Spero di bruciare./L’inferno venne quando vidi/ME STESSO… (da “Herbert White” di Frank Bidart)

E finisce così
regia: Daniele Gaglianone. sceneggiatura: Daniele Gaglianone, Gianmarco Messina, Emanuele Romeo, Giuseppe Sanna. fotografia: Daniele Gaglianone. montaggio: Ernaldo Data. suono: Giaime Alonge, Daniele Gaglianone. interpreti: Gianmarco Messina, Emanuele Romeo, Giuseppe Sanna, Davide Teresi, Alessandro Amaducci, Alessandra Sanna, Giorgio Trossarelli, Angelo Gaglianone, Eugenia Gaglianone. produzione: Cooperativa 28 dicembre, Hurbinek. origine: Italia, 1995. formato: 16mm; col. durata: 12 min.
Tre ragazzini, teppistelli della periferia di Torino, giocano su un piazzale sterrato e parlano di sé e dei propri idoli; presto, però, in un vecchio capannone industriale devono fare i conti con i giochi di quelli più grandi.

La carne sulle ossa
realizzazione: Daniele Gaglianone (soggetto ispirato alla poesia di Frank Bidart “Ellen West”). interpreti: Chiara Vendramin, Marcello Falsone, Marco Badino (voce), Maria Fammilume, Emanuele Romeo, Claudio Zanotto Contino, Giaime Alonge, Guido Bonino, Vittorio Cugnolio, Alessandra Curti, Ernaldo Data, Andrea Filippini, Olivier Fryard, Norman Gobetti, Carla Lingua, Mario Petriccione, Paola Porcedda, Carlotta Sacchi. produzione: Cooperativa 28 dicembre, Hurbinek
origine: Italia, 1996. formato: video; b/n. durata: 16 min.
Ma presto si rese conto di dover perdere peso/che tutto ciò che anelava esprimere/le era annientato dal corpo/sepolto nella carne;/d’improvviso in quattro mesi, perse almeno trenta chili…/la gente diceva/che lei avesse inghiottito un verme solitario/cosa che certo non aveva fatto./Il verme solitario era la sua anima… (da “Ellen West“ di Frank Bidart)

Luoghi inagibili in attesa di ristrutturazione capitale
realizzazione: Daniele Gaglianone. collaborazione alle interviste: Cristiana Zamirato, Fulvio Donorà, Massimo Miride, Tecla Livi. interpreti: gli abitanti di via Giulio 29, Torino. produzione: Cooperativa 28 dicembre, Hurbinek. origine: Italia, 1997. formato: video; col., b/n. durata: 38 min.
Festival Internazionale Cinema Giovani 1997, concorso Spazio Italia, categoria non-fiction: 1° premio
Un palazzo della vecchia Torino destinato a essere ristrutturato e quindi “cancellato”. Le persone e le cose che sopravvivono ancora in quei due cortili sono dei superstiti di un naufragio lento e inesorabile, un mondo che si sta allontanando per sempre.

Vratite se
realizzazione: Daniele Gaglianone. interpreti: Narcis Misanovic. produzione: Biennale dei Giovani Artisti del Mediterraneo. origine: Italia,1998. formato: video; b/n. durata: 1 min. 30 sec.
Sarajevo 98; breve video su un impossibile ritorno in città.


Daniele Gaglianone, nato ad Ancona nel 1966, si è laureato in Storia e Critica del Cinema presso l’Università di Torino.
Dal 1991 collabora all’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza (Ancr), per il quale ha realizzato numerosi documentari, tra cui Mario Soldati e il cinema (1992), Alla ricerca di Piero Gobetti (1992), Cichero (1993), Antonio Gramsci, gli anni torinesi (1997) e Dopo settant’anni i ricordi non esistono più. Paolo Gobetti racconta (1999).
Numerosi sono i cortometraggi di fiction e i documentari, da Gaglianone girati sia in video che in pellicola e premiati in diversi festival internazionali: Il frascame (1989), Nella solitudine del sangue (1990), La ferita (1991), Era meglio morire da piccoli (1992), L’orecchio ferito del piccolo comandante (1994), Il sale della terra (1994), Quello che inventa (mentre fa) il modo di fare (1994), E finisce così (1994), La carne sulle ossa (1996), Luoghi inagibili in attesa di ristrutturazione capitale (1997), Vratite se (1998).
Nel 1997 ha partecipato alla Biennale dei Giovani Artisti del Mediterraneo di Torino, presentando L’orecchio ferito del piccolo comandante e La carne sulle ossa. Con le stesse opere ha poi partecipato alla Biennale di Rijeka, dove ottenne da una giuria internazionale il Primo Premio.
Nel 1998 ha collaborato alla sceneggiatura e ha lavorato come assistente alla regia per il film Così ridevano di Gianni Amelio, Leone d’oro alla Mostra di Venezia.
I nostri anni, realizzato nell’estate 2000 in Val Chiusella, segna il suo esordio nel lungometraggio. Il film è stato presentato al Festival di Cannes 2001 nella Quinzaine des réalizateurs e ha ottenuto il premio CinemaAvvenire al Torino Film Festival.
E’ attivo anche in ambito teatrale: recentemente con il gruppo IlBuioFuori ha messo in scena due spettacoli, Aggrappati ad una terra rivoltata sull’abisso (1999) e Sarebbe un sogno d’oro (2000).
Nemmeno il destino, il suo secondo lungometraggio, è tratto dall’omonimo romanzo di Francesco Bettin e prodotto dalla Armadillo Cinematografica e dalla Fandango: è in uscita nelle sale italiane nel prossimo autunno.